Non occorre sapere nulla delle tradizioni che circondano le notti tra Natale ed Epifania, note come Rauhnächte nell’ambito di lingua tedesca, per rendersi conto della peculiarità di questi giorni, tra i più bui dell’anno, in cui il tempo sembra fermarsi e le nostre attività sembrano chiederci un meritato riposo.
In questo tempo le nostre riflessioni hanno modo di volgersi a temi meno legati alla quotidianità, alla routine che, per il resto dell’anno, ci spinge continuamente ad essere attivi ed a fare sempre qualcosa.
Non ha assolutamente importanza quante notti contino le diverse tradizioni in proposito, né da quando a quando questo periodo particolare, questa quinta e brevissima stagione dell’anno, si estenda esattamente. Ognuno è libero di decidere (o di intuire) da sé quali siano le proprie personali Rauhnächte, anno dopo anno.
Quel che conta è invece dare a questo tempo-non-tempo tra calendario lunare e calendario solare, a questo tempo-non-tempo tra quanto si chiude e quanto sta per iniziare, in cui non fare non solo è lecito, ma persino richiesto da un’oscurità che lentamente si volge di nuovo alla luce, tutta l’attenzione interiore che esso merita.
Ci troviamo tra passato e futuro, nella pausa breve, ma essenziale, tra l’espirazione e l’inspirazione dell’essere cosmico. È un momento prezioso per chiudere con quanto è stato e per prepararci interiormente a quanto verrà. Potersi fermare a riflettere, sera dopo sera, su ciò che trascende ed è più rilevante di quel quotidiano che domina il resto dell’anno non solo è il grande dono del momento ma, anche, una grande opportunità densa di significato e di gioia.